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Marino Bergamin

Marino Bergamin

Chiampo (VI) 22 settembre 1929 – 1958 - Chiampo 16 agosto 2013

Di professione meccanico, aveva lavorato prima in una azienda chimica italiana, poi associandosi con altri, crea una impresa di carpenteria. Quando nel 1968 questa Società si scioglierà, Marino lavorerà alle dipendenze di una impresa escavatrice.
Nel 1969 Marino accoglie l’invito e realizza quindi la sua segreta aspirazione: impegnarsi, donarsi totalmente all’Africa. Dopo un periodo di soggiorno a Bruxelles, per l’apprendimento del francese, accompagnato dal fondatore dell'Associazione "Mondo Giusto", arriva a Bukavu, nella regione del Kivu in Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), al servizio della diocesi locale.
Marino suscitò in quel paese una certa sorpresa, perchè le persone locali lo vedevano lavorare e faticare con loro e non come erano abituati a vedere prima sotto il comando e la sorveglianza del "bianco europeo" seduto magari all’ombra a controllare; il caposquadra indigeno, sorvegliante, si decise infine a lavorare assieme agli altri, se lo faceva Marino...!
Più che il lavoro dell’edilizia, Marino è impressionato dalla situazione alimentare, per questo si farà mandare una vecchia pietra (mola) che egli ripristinerà e metterà in opera, la forza motrice sarà data sfruttando l’acqua di un canale. Questo permise di collaborare a combattere le malattie dell’infanzia dovute all’alimentazione incongrua o insufficiente. Tostavano la soia che gli abitanti portavano e restituivano loro la farina prodotta dal mulino permettendo così ai bambini di superare il tempo del divezzamento, che costituiva il periodo di insorgenza e manifestazione delle malattie da malnutrizione.
Un'altra "creatura" di Marino fu la costruzione della centrale elettrica di Kyondo, sfruttando l’acqua di una piccola roggia ed ottenere così l’energia per la centralina. L’acqua precipitando sulla ruota produceva l’energia per la centralina che illuminava il villaggio. Fu in questa occasione che i nativi conferirono a Marino la "patente di mago", perché solo i maghi potevano fare quello che ha fatto lui!
La riuscita dell’opera stimola Marino ad una ricerca per una soluzione della fornitura elettrica all’altopiano e soprattutto all’Ospedale di Kyondo che si serve dei generatori al kerosene. Con le misure ed i relativi schizzi (rudimentali progetti…) al primo rientro in Italia, si presenta all’Ufficio ENEL di Venezia per una consulenza ed eventuale aiuto, l'opera sarà ultimata nel 1985.
Un ultimo "capolavoro" di Marino fu quello di mobilitare gli abitanti per costruire la strada.
Già nella fabbrica e in modo più evidente durante la sua presenza in Zaire, Marino si sente coinvolto dalla condizione di chi gli vive vicino.
Si racconta che in Africa si vergognava di interrompere il lavoro a mezzogiorno per andare a mangiare, mentre le persone del posto non lo facevano, e tentò di essere come loro fino a che dovette obbedire agli ordini del medico. Possiamo dire che in questa fase della sua vita Marino sente di dover far spazio alla povertà degli altri: una povertà che avrebbe voluto assumere in sé, senza peraltro poterlo fare appieno; l'insegnamento che ci viene consegnato dalla sua vita si potrebbe esprimere così: la povertà non è quella che si vuole, ma è quella che ci viene chiesta dalle vicende e dalle esistenze nostre e degli altri.
Colpito da ictus che lo ha paralizzato quasi interamente, ad eccezione della mano destra, viene accolto in una casa di riposo, ogni mattina chiedeva di essere portato davanti alla finestra e da lì si metteva in contemplazione della piccola Chiesa della casa; quando lo si andava a trovare lo si vedeva assorto a guardare non tanto le mura quanto tutto quello che c'era dentro, il Tabernacolo! Diceva:"E' l'unica possibilità che ho di pregare", non essendo più in grado, a causa della malattia, di leggere un qualsiasi testo scritto.

 

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