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Remo Canzi

Remo Canzi

Albiate (Milano) 16 ottobre 1921 – 1947 - Albiate 19 maggio 1995

Prima ancora di salutarti ti sorrideva, non appena ti aveva visto di lontano. Ed era così con tutti, era l’espressione di una virtù ormai incarnata in lui, vissuta, nella capacità di accogliere il prossimo. Tutti quelli che si sono rivolti a lui, qualcosa hanno ricevuto, era la persona giusta, nel suo paese e anche fuori, a cui si ricorreva con fiducia: per un consiglio, per un aiuto concreto e lui era sempre disponibile.
Aveva una personalità molto forte, un vero leader e lo fu per decenni della sua comunità di Albiate, nei più diversi settori.
Lo ricordiamo sul piano pubblico e civile: nel 1945 fu primo sindaco dopo la Liberazione e per tanti anni fu anche capace amministratore di Albiate, designato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e a 23 anni divenne Sindaco di Albiate ed il più giovane Sindaco dell’Italia liberata, una grande responsabilità che seppe svolgere con dignità e onore.
Poi fu consigliere ed assessore della Provincia di Milano, nel difficile settore dell’assistenza sanitaria e poi presidente del Comitato provinciale antitubercolare. Quante iniziative sono partite da lui! E quale impegno, a volte perfino puntiglioso, per la loro realizzazione.
Due sono stati i principi di fondo ispiratori del suo impegno nel settore civico e socio-politico: l’ispirazione cristiana della politica e l’apertura verso i ceti più bisognosi, gli ultimi, gli emarginati. Univa così, in valida sintesi, i valori cristiani della ispirazione e l’apertura sociale del genuino popolarismo cristiano. Usava dire che “la politica è un servizio ed ha senso soltanto e nella misura in cui rispetta questa funzione di servizio agli altri”. Ed ancora: “non servirsene della politica, ma servire! “. Ed il suo impegno è stato proprio un impegno di servizio a tutti.
Lo si è visto in una delle sue ultime iniziative, quella dell’assistenza ospedaliera del volontariato. Quanti volontari e quanti giovani ha saputo preparare e sostenere in questa magnifica opera di carità moderna, propria del nostro tempo. A questa sua ultima attività era particolarmente affezionato. E lo sanno i medici e i dirigenti dell’Ospedale, ma ancora di più i tanti ammalati che sono stati oggetto della sua iniziativa. Diceva: "Se non faccio ogni giorno una visita in Ospedale, a Carate, mi pare di commettere peccato, un grave peccato di omissione. Il bene va fatto non soltanto quando piace, ma sempre, in ogni momento".
La sua morte, al mattino, in chiesa, in ginocchio, davanti all’altare, dopo aver affiancato il celebrante a distribuire l’Eucaristia e dopo averla ricevuta, disegna il coronamento della sua vita terrena.

 

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