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Franco Carcano

Franco Carcano

Como 6 luglio 1924 – 1952 – Milano 19 aprile 1998

Trasferitosi giovanissimo a Milano mantenne sempre quel carattere gioviale che gli era tipico e che gli riusciva innato di contagiare gli altri nelle molteplici attività ricreative ed educative. Oltre che in campo ecclesiale fu presente in campo sociale e civile come suscitatore e animatore di iniziative le più varie, ricoprendo inoltre ruoli di grande responsabilità, svolti, in campo amministrativo, con assoluta competenza e incisività. Non era il ragioniere Franco Carcano, preso soltanto dalla freddezza dei numeri e dalle esigenze di bilancio. Era ragioniere, sì, ma accanto alla seria competenza professionale, possedeva una tale sensibilità d’animo da rendergli facile instaurare rapporti umani significativi. Lo si poteva considerare un educatore nato e, da ottimo autodidatta, sosteneva il suo agire con la preparazione pedagogica approfondita e aggiornata.
Si impegnò fin da giovanissimo nell’Azione Cattolica, assumendo posizioni di grande responsabilità, operò in varie associazioni e fu responsabile della Fondazione Belloni, un pensionato che ospitava giovani lavoratori. Si era dedicato ad attività politiche e amministrative, come Presidente della Fondazione Clerici per l’istruzione professionale dei giovani lavoratori. Lo fece sempre con grande senso di responsabilità e adoperandosi perché non prevalessero interessi di parte o personali, a scapito del servizio al bene comune.
Nel 1986 a seguito del Convegno Diocesano “Farsi prossimo” fu invitato a far parte della Segreteria delle Scuole di formazione socio-politica promosse dall’Arcivescovo. Ne divenne poi il Coordinatore profondendovi le doti di esperienza e competenza da lui accomunate negli anni della politica attiva. I corsi iniziarono nell’autunno 1987 e nei primi anni raccolsero molto seguito tanto che si svolsero in numero maggiore del previsto. Certamente aveva delle doti naturali che si possono riassumere in: entusiasmo contagioso, capacità organizzativa, passione educativa. Era innanzitutto un entusiasta della natura e di tutto ciò che la vita e gli uomini possono offrire di bello: amava la musica, l’arte, lo svago; amava sciare, passeggiare per i monti, nuotare al lago, al mare, in piscina.
La sua appartenenza all’Istituto fu sempre connotata da una gioiosa, convinta ed entusiasta adesione, che lo muoveva negli incontri comunitari, ad interventi che andavano sempre a segno nel mettere a punto i passi via via da compiere per rendere più attuale ed efficace il carisma dell’Istituto a servizio della crescita dei suoi membri, perché ne risultasse una puntuale risposta alle attese della Chiesa e del mondo. Nella vita le difficoltà incontrate non ne hanno mai scoraggiato l’entusiasmo per il bene da promuovere, ed ha sempre affrontato serenamente i non pochi momenti di fatica e di dolore attraversati. Può essere che anche a noi capitino momenti di dura prova quali ha conosciuto Franco nella malattia: auguriamoci di avere il coraggio e la forza di fare nostro, come egli fece, le parole riprese da Bonhoffer: “È buio, Signore, dentro di me, ma presso di te c’è luce”.
Gli ultimi quindici giorni furono il centro del tempo di Pasqua. I chirurghi l’avevano aperto e chiuso e dopo una brevissima sosta a casa era tornato in ospedale, la domenica delle Palme. Franco visse pienamente la sua Settimana Santa e la sua Pasqua, giorno per giorno, per poi sparire nel coma cinque giorni prima del transito, avvenuto la mattina - erano le 10.15 - della Domenica in Albis.

In una sua lettera rivela la sua fede profonda e la sua costante imitazione di Gesù:

Fratelli ed amici carissimi,
l’intervento, il cui esito è deciso per domani è più nelle mani di Dio che dei medici e le cui difficoltà non mi sono state nascoste.
A distanza ravvicinata dal momento cruciale sarei bugiardo nell’affermare che sono tranquillo e sereno: sono invece piuttosto preoccupato, teso, agitato. La scorsa notte è stata durissima, ho dormito pochissimo e sono stanco e dolorante... È proprio il momento del Getzemani, che strappa all’uomo Gesù di Nazareth l’invocazione “Se è possibile passi da me questo calice”.
In questi momenti si fa fatica a pregare... e se si riesce è una preghiera smozzicata, sofferta, quasi incosciente.
Domenica sera ho ricevuto l’Unzione degli infermi. Data l’ora (erano quasi le 2’) non c’era nessuno: il Sacerdote, io... e il Signore. Ho dovuto pregare per me stesso senza il sostegno della preghiera corale della Chiesa. Un altro non piccolo sacrificio. Il pomeriggio invece - grazie alla disponibilità di un amico, sono riuscito a recarmi in chiesa per la S. Messa... e in quel momento vi ho sentiti tutti vicini, in una vera comunità. Questa notte spero di riposare un po’ onde aver la lucidità domattina di completare la preghiera di Gesù “Sia fatta la Tua e non la mia volontà”. Oltre alle vostre, ho ricevuto molte attestazioni di solidarietà, amicizia e preghiera; in certi momenti mi sento come il paralitico di Cafarnao, calato dal tetto da parenti e amici la fede dei quali ottiene la grazia del perdono e della guarigione...
Soffro, prego e offro: per i miei cari, ma subito dopo per l'Istituto e le vocazioni: fedeltà e fecondità. E poi per questo mondo che ho amato e goduto, per la pace fra i popoli, per il popolo italiano e i suoi fragili governanti.
Vi ringrazio per le preghiere che voi ma anche altre comunità stanno elevando a Gesù Cristo Re dell’Universo. Vi chiedo perdono per non essere sempre riuscito a darvi una testimonianza limpida e un amore vero. Vorrei raccomandarvi di continuare a coltivare il filone dei rapporti con i nostri fratelli Maggiori Ebrei. Credo che la vera conciliazione tra i cristiani separati, gli Ebrei e forse anche i Mussulmani potrà realizzarsi solo a Gerusalemme, città scelta e mai rinnegata da Dio per la Sua Dimora in mezzo al suo popolo.
Roma, Mosca, Costantinopoli, le sedi episcopali di protestanti, anglicani ecc sono state tappe necessarie per portare il Vangelo in tutto il mondo... Ma solo quando ci ritroveremo in Gerusalemme cadranno tutte le pregiudiziali, i sospetti, i dubbi.... Occorre lavorare e pregare per questo.
Vi saluto con vero affetto. Se il Signore lo vorrà ci rivedremo ancora in questo mondo: altrimenti arrivederci nella Gerusalemme celeste.

 

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